Abbandonare un gatto

Haruki Murakami è uno degli autori più apprezzati e di successo che la letteratura contemporanea possa annoverare. Scrittore praticamente per caso, ha saputo conquistare critica e lettori sin dai suoi esordi, arrivando più volte a sfiorare il Nobel per la letteratura.
Conoscendo la sua nota avversione ai premi, la cosa probabilmente gli avrebbe dato più un fastidio che una gratificazione.
Non voglio vincere i premi. Quando li vinci significa che sei finito. Ogni libro che pubblico, ancora prima che venga pubblicizzato o recensito, vende trecentomila copie in Giappone. Questi sono i miei lettori. Se sei uno scrittore e hai lettori, hai tutto. Non hai bisogno di critici o recensioni.
Hauraki Murakami
Da Einaudi “Abbandonare un gatto” (2020, pp. 76, € 15,00), “l’ultimo inedito di un Murakami altrettanto inedito”, sia per lo stile che per il racconto in sé.

Pur essendo – nel mio piccolo – un harukista (termine usato per i lettori/fan di Haruki Murakami), sono venuto a conoscenza di questo suo lavoro quasi per caso. Incuriositomi, ho iniziato a cercare critiche e recensioni, trovandone di così contrastanti tra loro da farmi decidere di leggerlo quanto prima.
Passo falso o capolavoro?
Né l’uno né l’altro in realtà, ma probabilmente solo il più genuino ed autentico. In un certo senso, è un libro che tutti potrebbero scrivere quando si iniziano a fare i bilanci della propria vita, e si mettono in ordine i ricordi rivalutandoli attraverso quella lente d’ingrandimento che è il proprio vissuto.
Murakami inizia questo percorso da un aneddoto del tentativo di “abbandonare” il gatto di casa, per poi proseguire con una serie di flash mnemonici che mettono in luce il suo difficile rapporto con quel padre legato a valori tanto diversi dai propri, essenzialmente perché figlio di un’altra epoca.
I flash prendono ancor più corpo grazie all’ausilio di illustrazioni stilisticamente coerenti e d’effetto realizzate da Emiliano Ponzi, che diventano in quest’opera coprotagonisti di uno storytelling semplice, autentico ed intimo.



Ho fatto ricerche iconografiche e stilistiche per capire la “voce” giapponese. Non mi sono limitato ad altre illustrazioni, ho guardato anche tantissime foto, tante polaroid poi, una volta appreso il linguaggio, sono passato alla fase conclusiva, quella della colorazione.
Emiliano Ponzi
L’abbandono ed il successivo inspiegabile ritrovamento del gatto, sono la chiave di lettura di quest’opera che nella sua spontaneità ci svela – quasi banalmente – il senso della vita, in cui la casualità prende imprevedibili forme, originate da quel costante principio di causa-effetto che è alla base della nostra stessa esistenza.
…non vedo l’ora di leggerlo!!!
Grazie Luciana, lieto del tuo feedback