あけましておめでとうございます (Tanti auguri di buon anno)!
Questa è stata la terza volta che ho passato il capodanno in Italia. La prima, nel 2016, quando ancora studiavo a Napoli ed abitavo con la famiglia ospitante, mi terrorizzai un po’ per i botti che iniziarono a scoppiare non appena scoccata la mezzanotte. Il secondo capodanno, invece, è stato nel 2019. Ero in piazza Maggiore a Bologna, stavo guardando il falò del vecchione bruciare e dato che faceva tanto freddo il giorno dopo mi sono anche ammalata!!! Questa volta, nel 2021/2022, ho festeggiato in un ristorante dove facevano anche un concerto di musica jazz dal vivo e il giorno dopo, per la colazione, ho preparato l’Osechi.
Osechi (お節:おせち) è un piatto tradizionale giapponese di capodanno. Più che un piatto, sarebbe più appropriato dire che è un insieme di varie pietanze messe insieme in 2-4 o più contenitori. Ogni pietanza ha il proprio significato per augurare un nuovo anno e si mangia a colazione o a pranzo.
Siccome se ne devono preparare di così tanti tipi, mia madre e mia nonna iniziavano a cucinarne già da molti giorni prima di capodanno e a quei tempi, quando ero piccola, l’odore di salsa di soia che sentivo per tutto il giorno in questo periodo mi faceva notare l’arrivo del nuovo anno.
Dopo che è venuta a mancare mia nonna, mia madre ha smesso di preparare l’osechi, tanto ormai lo vendono anche ai supermercati, volendo lo si può ordinare ai ristoranti dove si può trovare in modi particolari e diversi (es. in stile italiano con le lasagne) o con del cibo molto costoso ad un buon prezzo. Eppure, l’atmosfera che creavano e quello che facevano mia nonna e mia mamma mi mancano, tanto da ricordarmi che mentre ero alle prese con i compiti delle vacanze invernali, dalla sala, sentivo spesso la loro voce provenire dalla cucina.
Delle volte mi capitava di sentirle litigare per le ricette dei condimenti e mi divertivo a indovinare su chi avesse la peggio. Quando stavano bene i miei nonni, a capodanno si riunivano tanti parenti e festeggiavamo tutti insieme, mangiando e bevendo. Invece, dopo che sono venuti a mancare, mano a mano il nostro legame in famiglia è diventato sempre più debole e attualmente, anche a causa della pandemia, non ci vediamo, tanto che un giorno mia madre mi disse che il motivo per il quale smise di preparare l’osechi era proprio questo, ovvero, che per far un buon piatto bisognava farne abbondantemente, e che fosse quindi inutile prepararlo per una famiglia assente. Spero dunque che in futuro non troppo lontano ci si possa nuovamente riunire, come la famosa riunione di Harry Potter… (lo adoro!!!)
Per trovare l’origine degli osechi si deve risalire fino al periodo Yayoi (III a.C. – III d.C.), in cui ci fu un cambiamento importante della civiltà umana, da quella basata sulla caccia a quella basata sulla coltivazione, per cui come auspicio per un buon raccolto si pregava e si donavano piatti alle divinità ad ogni passaggio tra una stagione e l’altra.
Successivamente, questa abitudine è stata sublimata come la festività nella corte imperiale. Siccome adottarono il sistema calendario della dinastia Tang, credevano che i cambiamenti delle stagioni ce ne fossero ben 5 all’anno (il 7 gennaio, il 3 marzo, il 5 maggio, il 7 luglio e il 9 settembre) e per tutti questi cinque giorni festeggiavano con i piatti chiamati Osechi. Poi, dopo la seconda metà dell’epoca Edo, questa usanza cambiò nuovamente e si diffuse anche tra il popolo, il quale conferì un significato ad ogni piatto. Da lì iniziò la tradizione che vede festeggiare soltanto al primo cambiamento delle stagioni dell’anno.
Vi presento qualche esempio:
Fagioli neri cotti con lo zucchero “Kuro-mame”
il fonema “mame” in giapponese, rappresenta sia la parola fagioli che diligenza, per cui si mangiano a capodanno sperando che si possa lavorare sodo nel nuovo anno avvenire.
Aringa avvolta con alghe “kobu-maki”
Il suono di “kobu” ci fa pensare “喜ぶ: yorokobu (essere felice), perciò viene mangiato come portafortuna.
Castagna cotta con lo zucchero “Kuri-kinton”
Viene consigliato come un simbolo di ricchezza per via del suo color oro. Detto ciò, è un richiamo dei soldi.
Gambero cotto con salsa di soia “Ebi”
Si mangia sperando di avere una maggiore longevità, visto che la sua forma ci fa immaginare persone anziane con la schiena ricurva.
A mio avviso, il bello sta nel poter creare queste prelibatezze con le nostre mani: come facevano mia madre e mia nonna, cucinarle con persone di diverse generazioni è un ottimo modo per proteggere una cultura ma anche una bellissima occasione di godere le gioie della vita in famiglia.
Sperando di poter vedere la mia famiglia al più presto… ancora auguri di buon anno!