In Giappone, in molte scuole si tiene una lezione dedicata a “l’origine del mio nome”, nella quale ogni studente, facendo una piccola presentazione, racconta episodi sulla sua nascita e la relativa origine del suo nome. Mi ricordo che lo facemmo in quarta elementare e mi piacque moltissimo, tanto che da quel momento in poi trovai molto affascinante la nostra tradizione culturale nel dare il nome.
Ho notato che molti italiani hanno ereditato il nome dai loro parenti; ad esempio, una delle mie amiche si chiama Giovanna, perché sua zia si chiama così. Ritendo che anche questa tradizione sia molto carina, perché si può percepire il forte legame familiare. I genitori giapponesi, invece, tendono a inventare il nome dei bambini.
Dato che abbiamo tre tipi di scritture (hiragana, katakana e kanji) abbiamo una vasta scelta di caratteri da usare. Inoltre, ogni kanji ha il suo significato… e non solo. Alcuni genitori danno molta importanza anche alla combinazione dei caratteri poiché si potrebbe prevedere il futuro dei loro figli!
Durante l’attesa dei 9 mesi, prima della nascita, talvolta riflettono così a lungo da arrivare a dirsi “questo nome pensavo che fosse carino ma invece non va più bene…”, tanto che alcuni genitori arrivano ad essere così ansiosi e insicuri che vanno addirittura a chiedere consiglio ai monaci del tempio.
Anche il mio nome Ayu (愛結) è un capolavoro dei miei genitori e sono molto fiera di averlo come nome. 愛 vuol dire amore, 結 significa nodo, perciò insieme 愛結 vuol dire “nodo d’amore”.
Inizialmente, stavano per optare per un altro Ayu (鮎), il nome di un pesce del fiume, dato che l’unico hobby comune tra mio padre e mio nonno materno era la pesca. Strinsero un buon rapporto proprio andando insieme a pescare i pesci ayu lungo il fiume.
Sarebbe stato carino anche 鮎, ma mia madre era contrariata, dicendo che era troppo diretto il motivo e poco carino. A dire il vero, sono abbastanza sollevata nel non avere lo stesso kanji del pesce… anche perché non sono molto brava a nuotare. A parte gli scherzi, i miei compagni di scuola mi avrebbero sicuramente presa in giro.
In ogni modo, il suono di Ayu piaceva anche a mia madre, allora scelse gli altri caratteri da una marea di kanji che si leggono A e YU. Alla fine, scelse 愛結, sperando che anch’io facessi da tramite per far fare un nodo d’amore alle persone, proprio come il pesce ayu stabilì il buon rapporto tra mio padre e mio nonno.
Ogni volta che scrivo o vedo il mio nome, sento l’amore dei miei. Suppongo che per chiunque giapponese sia la stessa cosa. Il nostro nome è un frutto dell’amore. Un giorno, mi piacerebbe fare da ponte, non solo tra le persone, ma anche tra l’Italia e il Giappone, e compiere così la mia missione natia.