Yoga. Una Via per conoscersi, non per definirsi

Qualche anno fa stavo invitando degli amici a prendere parte ad una classe di yoga in campagna, una bella occasione secondo me per stare insieme con quel pizzico di convivialitร che fa sempre tanto piacere a persone che condividono gli stessi interessi.

La risposta di uno di loro risuonรฒ enorme alle mie orecchie tanto che a distanza di anni ancora mi capita di pensarci. Mi disse che declinava lโinvito perchรฉ si sentiva troppo occidentale e troppo felice per lasciarsi sedurre da discipline come lo yoga. Se non lโavessi conosciuto avrei messo semplicemente una โXโ di rifiuto sul taccuino.
Poichรฉ invece ne ho grande stima intellettuale, la sua risposta mi portรฒ a ricercare la riflessione che, come รจ evidente, continua ancora oggi. Felicitร , felicitร , sono troppo felice per questo… sono le parole che mi continuano a frullare in testa.
Che strano che si pensi allo yoga come una cura per lโinfelicitร . Forse perchรฉ negli ultimi anni molti medici e psicoterapeuti consigliano di praticarlo, oppure perchรฉ il bombardamento visivo di persone sedute nella posizione del loto riconduce allโidea di una mente esausta che necessita di ristoro?
Mettendo in campo – come al solito – la mia esperienza personale, devo dire che non ho iniziato a praticare yoga perchรฉ mi sentivo infelice, ma sicuramente ho continuato a farlo perchรฉ mi divertivo moltissimo. In questo senso sรฌ, allora il mio amico avrebbe ragione, lo yoga mi ha reso piรน felice.
a destra – Pratica personale Grecia, Calcidica 2019 โ Organizzazione ritiro di yoga per studenti italiani
in basso – Pratica di ujjayi pranayama
Per chi non รจ mai salito su un tappetino e non ha sperimentato il silenzio interiore che porta la pratica, la mente quieta concentrata esclusivamente sullโazione del momento, il respiro che man mano si espande in tutto il corpo, il suono sordo del battito del cuore che lentamente emerge, รจ difficile comprendere perchรฉ col tempo non si possa fare a meno della propria pratica.
Sรฌ, lo ripeto, mi diverto. La pratica delle posizioni (asana) in particolare mi fa sorridere e a volte ridere anche di me stessa.
Il processo di apprendimento รจ la parte che preferisco: รจ una sfida che deve essere portata avanti ad armi pari posizione piรน avanzata insieme a maggiore consapevolezza di sรฉ e del corpo ovviamente.

Se non si rispetta questo rapporto la cosa non funziona. E allora sorrido ogni volta che provo e non va come dovrebbe (o come vorrei), che penso di aver capito come si fa e sรฌ la mente ha capito, ma il corpo ancora non la segue. Ogni volta che mi accorgo di cercare una scorciatoia per poi chiedermi โa che serve?โ e torno indietro e ricomincio daccapo.
Una pratica in cui si puรฒ ridere e ridere di sรฉ, si puรฒ piangere, si puรฒ riflettere e ovviamente si puรฒ imparare, tutto stendendo solo un tappetino.
Ed ancora, sรฌ, non lโho fatto perchรฉ non ero felice abbastanza, ma lโho fatto perchรฉ fatto la prima volta non ne potevo piรน fare a meno, perchรฉ la mia curiositร era stata sguinzagliata, perchรฉ la porta su di me era stata spalancata e tra paura e sorpresa non conoscevo un miglior modo per scoprirla.ย
Da quando ho iniziato lo yoga รจ stato con me sempre, in forme discrete e silenziose o con grandi exploit pubblici. Nel silenzio dei ritagli di spazio delle stanze dove mi trovavo in viaggio o in grandi sale col pavimento in legno insieme ad altre persone.
Nei momenti sereni, magari in vacanza, quando la pratica รจ fluida e il sole caldo spezza i limiti del corpo dopo lโinverno, e nei momenti piรน duri e indecifrabili quando dopo un improvviso tifone senza acqua nรฉ luce stesi il tappetino sperando di sentirmi per un poโ a casa.
Forse il mio amico aveva ragione, non mi sento abbastanza occidentale o forse volevo essere piรน felice quando ho iniziato. Dopo questi nove intensi anni di yoga penso che se mi fossi data una definizione allora, ora non sarei qui scrivendo questo.

Ci viene data una chance in piรน alle volte e sono felice di averla colta quella volta e rispetto chi ha scelto diversamente da me. Piรน che definirsi forse conta sentirsi nel posto giusto facendo la cosa giusta. A poco invece contano il contorno, i commenti o le persone.
Ogni volta che medito nel silenzio della mia mente, che recito mantra non sempre intonati, che entro in una posizione e sento il mio respiro, o che non la mantengo e anzichรฉ arrabbiarmi o scoraggiarmi sorrido dentro di me, sono grata perchรฉ sento che questo mi rende piรน che felice, mi rende libera.

in copertina “gli inseparabili compagni di viaggio” – foto di Elena Cerasuolo