
Nel cuore dell’estate giapponese, quando il cielo sembra più vicino e i sogni hanno ancora il profumo dell’infanzia, esiste una notte speciale in cui due stelle si incontrano. È la notte del Tanabata (七夕), la “festa delle stelle”, che si celebra il settimo giorno del settimo mese. Una data poetica, sospesa tra mito e speranza, che ogni anno rinnova il desiderio di tutti: quello di vedere il proprio sogno brillare nel cielo.
Tanabata è molto più di una ricorrenza stagionale: è un ponte culturale tra leggenda e contemporaneità, una celebrazione dell’amore, della distanza e del ricongiungimento… un invito a scrivere i nostri desideri su piccoli fogli colorati – i famosi tanzaku – e a lasciarli andare nel vento affinché si realizzino.
…scopriremo insieme le radici mitologiche, il significato simbolico e la modernissima bellezza di questa festività che ancora oggi emoziona il Giappone… e che ha tanto da dire anche a noi, ovunque siamo.

Orihime e Hikoboshi: mito, cielo e sentimento
La leggenda che dà vita al Tanabata è antichissima. Risale a una storia cinese di epoca Tang ed al festival cinese di Qīxī, successivamente adattata dalla cultura giapponese durante il periodo Nara (710-794) in una forma unica, delicata e struggente. I protagonisti sono Orihime (織姫) – Vega, la principessa tessitrice figlia del Re del Cielo, e Hikoboshi (彦星) – Altair, un giovane pastore delle stelle: Orihime tesseva con dedizione i tessuti delle vesti reali lungo le sponde del fiume celeste, la Via Lattea, ma un giorno incontrò Hikoboshi, e i due si innamorarono perdutamente.
L’amore li travolse, tanto che trascurarono i loro compiti: Orihime smise di tessere gli splendidi vestiti per il padre, e Hikoboshi lasciò vagare libero il bestiame. Il Re del Cielo, adirato, li separò: Orihime da una parte della Via Lattea, e Hikoboshi dall’altra.

Ma impietosito dalle lacrime della figlia, il padre concesse loro di incontrarsi una sola notte all’anno, il 7 luglio. Uno stormo di gazze (kasasagi) forma un ponte vivente con le loro ali, permettendo ai due di attraversare la Via Lattea e riunirsi… ma solo se il cielo è sereno e non piove. Se piove, le gazze non possono giungere in loro soccorso, il fiume celeste si ingrossa e i due innamorati non riescono a congiungersi. Per questo in alcune regione si dice: “Se il cielo è sereno, le gazze verranno; se piove, resteranno distanti.”
Ed è qui che nasce la magia: Tanabata non è solo il giorno del loro incontro, è il giorno in cui desideriamo che smetta di piovere per permettere che l’amore si realizzi. È il giorno in cui speriamo che le cose belle possano accadere, sempre che il cielo collabori.
Un’altra versione suggestiva
Alcune tradizioni popolari raccontano che, dopo che Orihime e Hikoboshi si sono incontrati, le gazze volino via lasciando alcune piume nel cielo, piume che diventano le stelle cadenti della notte del Tanabata. Per questo si dice che esprimere un desiderio quando si vede una stella cadente in quel periodo porti fortuna in amore.
Le stelle Vega e Altair tra astronomia e romanticismo
Questa storia così poetica non è solo leggenda: ha fondamenti astronomici ben precisi. Tra milioni di stelle, due brillano più delle altre, separate da un fiume luminoso di polvere cosmica. Non è solo astronomia: è una delle storie d’amore più antiche del mondo.
Orihime è associata alla stella Vega, la più luminosa della costellazione della Lira. Hikoboshi invece corrisponde ad Altair, la stella più brillante della costellazione dell’Aquila. A separarle, nel cielo, c’è effettivamente un fiume celeste: la Via Lattea.

Vega e Altair sono due delle tre stelle che formano il celebre Triangolo Estivo, insieme a Deneb (nella costellazione del Cigno). Durante le notti d’estate, in particolare all’inizio di luglio, è possibile vederle brillare alte nel cielo, con la Via Lattea che si estende tra loro come un fiume di luce nebulosa.
La posizione delle due stelle, ben visibili a occhio nudo, rende Tanabata una delle festività tradizionali più “celesti” e astronomicamente affascinanti: in una notte serena, basta alzare lo sguardo per osservare il simbolico incontro degli amanti stellari. Non è solo fantasia: è poesia celeste scientificamente visibile.
Questo legame con le stelle ha reso Tanabata una delle celebrazioni più amate anche dagli appassionati di astronomia, che spesso si riuniscono per osservare Vega e Altair proprio nella notte del 7 luglio. È come se mito e scienza si stringessero la mano per ricordarci che i nostri racconti nascono sempre da ciò che vediamo… e da ciò che speriamo di vedere.
Il settimo giorno del settimo mese: simbolismo e magia
In origine, la festa si celebrava seguendo il calendario lunare, che cadeva in agosto. Oggi, con l’adozione del calendario gregoriano, Tanabata si festeggia il 7 luglio, ma in molte città (come Sendai) si è mantenuta la versione “tradizionale” ad agosto.
Il numero 7 è simbolicamente importante in Giappone: associato al mondo spirituale, alla fortuna, alla completezza. Il doppio sette (7/7) rappresenta l’unione, il superamento della distanza, la possibilità che l’amore (e i desideri) si realizzino.
In molte regioni, la notte del Tanabata si celebra con decorazioni coloratissime, lanterne, sfilate e musiche tradizionali. Ma il vero protagonista è un oggetto semplice, fragile e poetico: il tanzaku.
Tanzaku: i desideri scritti in punta di cuore
Durante questa festa, le persone scrivono i propri desideri su strisce di carta colorata, chiamate tanzaku (短冊), e le appendono solitamente ai rami del bambù, una pianta elastica, flessibile, che oscilla nel vento senza mai spezzarsi. È come dire: i desideri veri devono sapersi adattare per sopravvivere, solo così non si romperanno mai.
I tanzaku possono contenere sogni, speranze, propositi, ringraziamenti, o semplici frasi gentili. Ogni colore ha un significato:
- Rosso per gratitudine e amore
- Blu per migliorarsi
- Giallo per i rapporti umani
- Verde per la salute
- Bianco per i desideri più puri
Questa pratica è di una semplicità disarmante. Eppure, scrivere un desiderio e offrirlo al vento è un atto profondamente umano e universale. È come affermare, in primis a sé stessi: “questo è ciò che sento, questo è ciò che sono”. Non c’è certezza che si avveri, ma è il gesto in sé ad essere bastevole.
Il Tanabata tra anime, manga e letteratura
Come spesso accade in Giappone, la tradizione convive con la modernità in modo armonioso. Tanabata è presente in molti film, anime e manga, spesso usato per raccontare incontri mancati, storie d’amore impossibili, o momenti sospesi nel tempo.
Lo troviamo in serie come:
- “Clannad“, dove il Tanabata è legato alla dimensione dei sogni
- “Gintama“, che lo rielabora in chiave comica
- “Your Name” (Kimi no Na wa), dove il cielo e il tempo sono protagonisti di un amore interstellare che riecheggia il mito
- “The Karate Kid”, dove Meiying spiega al protagonista – Dre Parker (Jaden Smith) – l’origine della leggenda del Qīxī

In letteratura, la festività è spesso metafora del desiderio umano di ricongiungimento, che si tratti di due amanti, di una persona col proprio passato, o persino con se stessa. I racconti legati al Tanabata parlano di assenza e speranza, distanza e tenerezza, in una forma che tocca corde profonde.
La festa delle stelle che svela l’anima del Giappone
Comprendere il Tanabata significa toccare con mano la sensibilità giapponese. Significa capire che, in questa cultura, le emozioni non sono urlate, ma sussurrate. Che l’amore non è sempre possesso, ma spesso è attesa, dedizione, rispetto per i tempi dell’altro.
Il Tanabata ci parla anche del nostro tempo: è una festa della pazienza, della fiducia nei cicli della vita, del coraggio di sperare anche quando non si ha certezza.
Per chi ama la cultura giapponese, o ne pratica le arti – dallo shodō al bonsai, dal kendō all’ikebana – conoscere Tanabata significa entrare in sintonia con la filosofia che anima questi gesti: fare con lentezza, con cura, con significato. E lasciar parlare anche il silenzio.
Una festa di stelle che parla al nostro presente
Nel nostro mondo accelerato, spesso iperconnesso ma emotivamente distante, Tanabata ci invita a ritrovare la bellezza del desiderio. Non la pretesa, non l’ansia del risultato, ma il semplice atto di desiderare.
Scrivere un tanzaku oggi, anche se non siamo in Giappone, anche se non c’è un bambù ma facendolo sul balcone, è un gesto poetico che possiamo fare per rimettere in moto il cuore. Per credere che qualcosa di bello, di inatteso, possa accadere, se il cielo lo permette.
E se quella notte piove, possiamo sempre tornare bambini, e costruire un Teru Teru Bōzu, la bambolina portafortuna che, appesa alla finestra, chiede al cielo di non piovere… così che Orihime e Hikoboshi possano incontrarsi ancora una volta.
E anche noi, magari, incontreremo qualcosa o qualcuno di speciale.

Per gentile concessione del Museum für Kunst und Gewerbe Hamburg, Europeana CCO Images